lunedì, novembre 27, 2006

Relazione del segretario uscente

Il contesto storico – politico in cui è nato il “Chessa”.
Questo Circolo è nato durante una fase storico – politico difficile sotto diversi punti di vista. Nel Settembre del 2005 il Governo Berlusconi portava a compimento il suo nefasto disegno politico, e gli effetti erano evidenti in tutto il tessuto sociale. I giovani hanno subito in drastiche dimensioni il fenomeno della precarietà, precarietà che significa ricatto sui luoghi di lavoro ed insicurezza sociale. L’amministrazione di centrodestra, tuttavia, giustificava la riforma del mercato del lavoro sostenendo che avrebbe prodotto occupazione, ma come tutti sappiamo ciò non è avvenuto. Sono aumentati i disoccupati, e l’unica occupazione creata è stata appunto quella precaria, che non consente a nessuno né d’immaginare un progetto di vita, né una sicurezza economica.

Quando questo Circolo è stato aperto, imperversava ancora la crisi economica legata ai fatti dell’ 11 Settembre. Le gravi tensioni internazionali che ci hanno visto, e che ci vedono coinvolti, hanno anch’esse inciso sull’attività del Circolo, nelle cui riunioni si è spesso parlato proprio delle crisi internazionali, e della scellerata politica di Gorge Bush. I compagni che hanno deciso d’aprire il “Giovanna Chessa” hanno cooperato per dare un concreto rifiuto alle pericolose logiche che dominavano in panorama politico nazionale ed internazionale.
Perché aprire un Circolo di Rifondazione significa dire no a tutte le guerre, significa rifiutare l’emarginazione sociale, significa manifestare la volontà di volere una società in cui regnino la tolleranza, una società in cui ogni immigrato non si senta più immigrato, ma cittadino a tutti gli effetti. Aprire un Circolo di Rifondazione Comunista significa dire un deciso no alle vecchie e nuove povertà, significa chiedere uno Stato per la Palestina e la pace per Israele, e manifesta soprattutto la voglia di andare oltre l’indifferenza della cultura consumista, per costruire una cultura di solidarietà e cooperazione tra i lavoratori. I compagni che hanno aperto, e che hanno partecipato all’attività di questo Circolo, intendevano manifestare il loro bisogno di discordanza dal pensiero unico dominante. Per questo, era indispensabile aprire il Giovanna Chessa.

L’attività del Circolo.
Il Circolo Chessa è nato anche per rispondere alle esigenze nel nostro Partito, che aveva la necessità di radicarsi in un quartiere difficile, in cui il disagio sociale è profondo oltre che diffuso. La Circoscrizione n. 3 doveva avere un Circolo di Rifondazione Comunista, perché era indispensabile creare un ulteriore spazio d’aggregazione, in cui la discussione delle problematiche specificatamente territoriali, potesse avere come naturale sbocco una concreta risposta politica.

Infatti, la discussione è stata portata costantemente avanti dai compagni, e la dialettica ha anche portato all’intervento concreto proprio sui problemi di questo quartiere, aggravato dalle scellerate politiche della Giunta Floris. In particolare, siamo intervenuti con forza sul vergognoso progetto della strada Via Cadello – Via Is Maglias, che ha come fine ultimo quello si ghettizzare un quartiere povero dal resto della città. Questo disegno purtroppo è stato perseguito ed è in fase di attuazione, ma l’essere riusciti a sensibilizzare i cittadini di quel quartiere e l’opinione pubblica, è stato un successo non soltanto per questo Circolo, ma per tutti quei movimenti che inseguivano un comune intento: quello di chiedere una città a misura d’uomo, una città dove gli spazi non fossero soffocati dal grigiore del cemento armato.

Proprio il rapporto col movimento è stato curato con una serie d’iniziative, che ha visto il Circolo rapportarsi col social forum e gli altri movimenti della città. I compagni si sono amalgamati con l’iniziativa movimentista, partecipando alle azioni di sensibilizzazione che hanno riguardato gravi problemi quali la precarietà, il rispetto dei diritti civili nelle carceri, l’analisi nei nefasti effetti dell’imperialismo e della guerra, il riargino del disagio sociale facendo fronte le vecchie e nuove povertà. Fare fronte alle vertenze cooperando col movimento era ciò che c’eravamo proposti di fare, e cooperare col movimento ci ha insegnato che possiamo essere più forti, se riusciamo ad uscire dall’isolamento di un Partito dogmatico ed ortodosso, per aprirci alla società e alle tante soggettività politiche (e non) che la compongono. Senza perdere la propria identità di Circolo Comunista, il “Chessa” è riuscito a dialogare col movimento per la pace, con i movimenti sardisti ed antimperialisti, con le associazioni che rivendicano il diritto ai beni comuni ed ai diritti civili. Un’identità cosciente ma aperta, ecco che cosa ha scelto di essere il Circolo Giovanna Chessa.

Ciò che ha contraddistinto l’attività del Circolo, è sempre stata la libertà con cui ciascuno si è potuto esprimere, senza temere d’avanzare le proprie proposte e le proprie idee, per quanto potessero essere “alternative” al nostro modo d’intendere la politica. Al Chessa non ci sono stati gli scontri che talvolta caratterizzano la vita di ogni Partito, perché ogni iscritto è stato capace di non perdere di vista il rispetto per il pensiero e l’autonomia di ogni compagno. Questo dovrebbe caratterizzare la vita di un Partito: opinioni che si confrontano senza mai cadere negli inutili scontri personalistici, che non servono né alla Rifondazione Comunista, né alla crescita personale di nessuno.
Proprio la crescita di un gruppo compatto di compagni è stato il principale risultato che abbiamo ottenuto. Siamo partiti che eravamo pochi, ma ora possiamo vantare la presenza di numerosi compagni, che si sono impegnati per la buona riuscita delle iniziative. Ognuno ha dato il proprio contributo, mettendo a disposizione degli altri le proprie capacità e le proprie conoscenze. Sono convinto che il Circolo “Giovanna Chessa”, proprio grazie alla presenza di questi compagni, non morirà, e riuscirà a radicarsi con sempre maggiore efficacia nella Circoscrizione n. 3.

Abbiamo superato tante difficoltà, e proprio il superamento delle difficoltà ci ha insegnato a non demordere mai dal nostro proposito. Perché le difficoltà incontrate, da quando questo Circolo è nato, sono state veramente numerose. In particolare i problemi finanziari ci hanno accompagnato inesorabili per tutta la nostra attività, ed affittare il piccolo locale di “Piazza De Esquivel” ha richiesto un sacrificio importante da parte degli iscritti. Per molto tempo, per riuscire a riunirci, abbiamo cambiato costantemente sede. Abbiamo usufruito dell’ospitalità di associazioni come “La Carovana Sarda della pace”, o la “Peppino Asquer”, e li ringraziamo dello loro ospitalità che ci ha concesso d’esistere e crescere. Dopo tante peripezie abbiamo finalmente aperto il nostro locale, e nonostante le ridotte dimensioni, abbiamo attivato dei dibattiti che hanno arricchito ciascuno di noi. Essere riusciti a superare queste difficoltà ha aiutato il gruppo ad essere compatto, perché ognuno ha compreso che il Circolo, per esistere, necessita di sforzi e talvolta di sacrifici.

Durante questo lungo anno abbiamo dovuto affrontare degli appuntamenti decisivi. Prima ci siamo ritrovati dinanzi alle Primarie, uno strumento che a molti è parso come un’americanata, ma che ha permesso al compagno Bertinotti e al tutto il Partito di acquisire visibilità. Subito dopo ci siamo ritrovati dinanzi all’impegno della Festa di liberazione, che si è rivelata come la possibilità, per i compagni dei diversi Circoli, d’incontrarsi e vivere un’esperienza di partecipazione condivisa. In seguito sono arrivati gli impegni senz’altro più gravosi, primo fra tutti le elezioni politiche dell’Aprile 2006. Ricordo le numerose discussioni tra i compagni, cercando di comprendere se i Partiti Democratici potevano realmente battere le Destre, che vantavano disponibilità finanziarie e gran parte dei mezzi d’informazione. Per dare il nostro contributo siamo andati a distribuire volantini, a mettere manifesti sui muri il giorno e la notte. Abbiamo anche organizzato un dibattito sulla guerra, sottolineando il ruolo giocato dal Governo Berlusconi nella sporca guerra iraquena. I risultati ci hanno dato fortunatamente ragione, ma quegli stessi risultati ci invitano a non abbassare la guardia, per restare desti al possibile risveglio delle forze xenofobe e reazionarie.

Poi sono arrivate le elezioni amministrative, elezioni che purtroppo per il nostro Partito e per tutta la coalizione non sono andate bene. Il Circolo Chessa, nonostante ciò, ha cercato di fare tutto ciò che poteva, e lo sforzo compiuto è stato comunque importante per radicarci maggiormente nel nostro quartiere di competenza. Il congresso dei Giovani Comunisti è stato l’ultimo impegno che ci ha visto protagonisti, e il “Circolo Giovanna Chessa” ha avuto un ruolo di grande protagonista, tanto che tre dei suoi iscritti sono entrati nel coordinamento federale, l’organo che si occuperà della politica dei Giovani Comunisti nella Provincia di Cagliari. I compagni hanno pensato di nominare il sottoscritto Coordinatore federale dei Giovani Comunisti, e questo è stato un premio anche per il Circolo, poiché significa che le iniziative portate avanti sono state apprezzate da tutti i compagni della Federazione.

Propositi per il futuro.
Per quanto riguarda il futuro del Circolo Chessa, penso che sia opportuno seguire la linea che abbiamo già incominciato a tracciare. Non possiamo prescindere dalla critica alle logiche della globalizzazione e dell’imperialismo, come non possiamo che criticare le barbare logiche della cultura consumista. Questo l’abbiamo fatto nel nostro primo anno di vita, e dobbiamo continuare a farlo nei prossimi tre anni. Tuttavia, ciò su cui dobbiamo lavorare con costanza e maggiore convinzione, è perseguire il radicamento nella nostra circoscrizione, che comprende i quartieri di Is Mirrionis e Mulinu Becciu. Come possiamo apprendere anche dai giornali, questi sono quartieri in cui il disagio sociale è diffuso e profondo, un quartiere dove i giovani non hanno prospettiva di lavoro, un quartiere che registra preoccupanti episodi di delinquenza ed emarginazione sociale. Noi di Rifondazione Comunista non possiamo fare come le destre, che si fanno vedere soltanto nei periodi elettorali. Noi comunisti dobbiamo convivere col quartiere, conoscerne i disagi ma soprattutto le prospettive di sviluppo.

Perché ciò sia possibile, è indispensabile un’organizzazione più attenta del Circolo, e una serie d’iniziative che ci permettano d’avere una maggiore visibilità nello stesso quartiere. Il Circolo dovrebbe essere capace di raccogliere il disagio della cittadinanza, per trasformarlo in una concreta proposta politica. Perché ciò sia possibile, i compagni devono essere capaci in primo luogo di tenere il Circolo aperto durante tutto l’arco della settimana, e in secondo luogo dovrebbero produrre delle inchieste che ci consentirebbero di conoscere meglio le molteplici richieste del quartiere. E’ indispensabile trovare un nuovo rapporto con i nostri rappresentanti nelle istituzioni, in particolare col consigliere di circoscrizione e con quello nel Comune. Se intendiamo elaborare una proposta politica seria, è importante avere un continuo rapporto con i rappresentanti nelle istituzioni, perché proprio le istituzioni sono la leva del cambiamento, il luogo dove le nostre proposte possono trasformarsi in proposta politica. Il rapporto con i rappresentanti, inoltre, sarà necessario per conoscere l’attività del Consiglio comunale e circoscrizionale, dove talvolta maturano quei provvedimenti che curano tutto, meno che gli interessi della cittadinanza.

Facendo leva su questi presupposti, il Circolo Giovanna Chessa continuerà il proprio lavoro sul territorio, per contribuire a riscattare la cittadinanza dalla povertà e dall’emarginazione. Questi sono incubi che si possono scacciare soltanto con impegno e dedizione, e il sostenere l’attività di questo Circolo potrà trasformarsi, per tutti i compagni, in motivo di vera soddisfazione. Concludo questo mio ultimo intervento da segretario, nella convinzione che il lavoro fatto non andrà perduto, e sarà la base del nostro impegno per il futuro.

Il segretario uscente del Circolo Giovanna Chessa.

Vincenzo M. D’Ascanio.

lunedì, novembre 20, 2006

Intervento Assemblea iscritti 17.11.2006



Assemblea degli iscritti del Circolo Chessa,
Venerdì 17 Novembre 2006.

Intervento introduttivo.

Commento sulla nuova finanziaria. (ARGOMENTI TRATTATI)
Più soldi per la ricerca e l’Università.

Norme per favorire l’occupazione e combattere la disoccupazione.


Accenno al decreto della Turco sulle droghe leggere, che autorizza un maggior possesso di cannabis. Da valutare positivamente.



Situazione internazionale (ARGOMENTI TRTTATI).
Nuova aggressione degli israeliani nei confronti di civili palestinesi.

Elezioni di medio termine negli Stati Uniti: condanna nei confronti della politica scellerata di Bush.

Riflessione sull’indulto.
Per quanto riguarda la questione dell’indulto, a mio avviso questo è il provvedimento più discutibile dell’attuale governo. Innanzitutto, intendo sottolineare che l’indulto era indispensabile, per far fonte al grave sovraffollamento delle carceri. Tuttavia, per quanto si sia voluto far passare il provvedimento come “ancora di salvezza” per i poveri (evidenziando, non a torto, che le carceri sono fortemente classiste e ingiuste), ad aver evitato la pena non sono stati soltanto gli appartenenti alle classi subalterne, ma anche coloro che una volta usciti dal carcere hanno potuto disporre di quelle risorse economiche necessarie per rifarsi una nuova vita.
Proprio questo è stato uno degli effetti più deleteri di quest’indulto: quello di non aver dato alle persone che uscivano dal carcere la possibilità di ricominciare. La società non è quasi mai pronta ad accogliere gli ex detenuti, che spesso non riescono a trovare lavoro, ritrovandosi a dover far fronte all’emarginazione sociale. Una persona che esce dal carcere incontrerà problemi di varia natura, e il Governo non garantendo un lavoro a queste persone ha commesso un errore. Chi non ha un lavoro ricadrà più facilmente nella delinquenza, e la mancanza di misure assistenziali non farà che incentivare il ritorno di tante persone in carcere (in maggioranza povere gente, perché chi ha i soldi per ricominciare partirà con ben altri presupposti). Come vuole l’ordinamento i Comuni avrebbero dovuto attivarsi per garantire l’inserimento col supporto dello Stato, ma i Comuni non possono fare questo, anche in ragione dei tagli alle risorse di questi ultimi anni.
Se si vuole realmente evitare il sovraffollamento delle carceri, è fondamentale modificare quelle leggi che hanno portato a questo stesso sovraffollamento. In primo luogo, bisognerà cambiare le legge sull’immigrazione, che porta a una facile incarcerazione per chi non ha il permesso di soggiorno. Fortunatamente, grazie al decreto della Turco, si è provveduto a mitigare la nefasta “Legge Fini” sulle droghe leggere, che portava in carcere dei ragazzi che detenevano soltanto esigue quantità di marjuana. Per migliorare le condizioni dei carcerati, prima di tutto, occorrerà modificare queste leggi.
L’elemento fondamentale, tuttavia, sarà quello di ripensare all’istituzione del carcere. Secondo la Costituzione, la pena deve tendere alla rieducazione del condannato, e sul verbo “tendere” si sono aperte innumerevoli discussioni. Un elemento possiamo definire come acquisito: il carcere non è un’istituzione in cui il detenuto può essere rieducato. Il personale esiguo, le strutture fatiscenti e un’irrazionale utilizzo degli strumenti di reinserimento, portano il carcerato a vivere in una condizione, e a subire una situazione, da cui non potrà che uscire gravemente debilitato, e per cui troverà ancora più difficoltoso reinserirsi nella società civile. Il carcere deve diventare uno strumento che tende realmente alle rieducazione del condannato, e ciò potrà avvenire soltanto se verranno impiegate delle risorse per migliorare le risorse strumentali ed umane delle stesse carceri italiane.
Il quarto rapporto dell’Associazione “Antigone” sulla situazione della carceri italiane, ci dice che lo stato degli istituti di pena non è affatto positivo. In particolare, le carceri sarde appaiono come le peggiori dell’intera penisola, ed istituti come il “Bad'e Carros” di Nuoro, oppure il San Sebastiano di Sassari, fanno presagire situazioni paragonabili alle terrificanti carceri turche. Non potrà mai esserci una rieducazione in strutture di questo genere. Per risolvere la disumana situazione dei condannati non basta l’indulto, poiché questo deve essere accompagnato da adeguate risorse, che in primo luogo cambino radicalmente la situazione negli istituti di pena e mirino, inoltre, ad un reinserimento reale dell’indultato nella società civile.


Prossimo congresso regionale.
La necessità di una svolta.
Come sappiamo, questo Congresso di rende indispensabile per due importanti ragioni. Per prima cosa, e questa è la motivazione meno importante, in seguito alle elezioni politiche del 2006 il nostro Partito ha subito dei profondi cambiamenti. La decisione della maggioranza della componente trozkista di dar vita a un proprio movimento politico, ha prodotto all’interno di Rifondazione un cambiamento che non poteva essere ignorato. Dinanzi a un mutamenti organici di questi genere (diversi importanti dirigenti hanno aderito al nuovo movimento), un Congresso regionale di rendeva necessario anche per superare e ragionare sulle prospettive del nostro Partito in Sardegna.
Il Congresso straordinario era indispensabile, soprattutto, per cercare di dare una svolta alle politiche del lavoro nell’ambito della nostra Regione. In questi anni abbiamo avuto, a livello regionale, un Partito assente, che non è stato capace di dare alcuna pressione nei confronti della Giunta Soru. Per ragioni strutturali e personali i dirigenti regionali non hanno cercato d’elaborare delle concrete proposte politiche, e quando l’hanno fatto (raramente), non hanno fatto che ripetere le consuete parole d’ordine.
Sono tante le critiche che possono essere avanzate a questo gruppo dirigente, ma la principale è senz’altro quella legata alla bocciatura del Piano Straordinario per il Lavoro. Come sappiamo, Soru ha ridotto ai minimi termini una serie d’interventi che avevano come principale finalità quella di contrastare la disoccupazione sulla nostra isola. La bocciatura del Piano è avvenuta senza nessuna opposizione da parte dell’attuale dirigenza regionale, che si è resa corresponsabile di un provvedimento contro i cittadini della nostra regione.
Oltre a ciò, l’amministrazione Soru non è stata capace di produrre delle buone politiche del lavoro, che riuscissero a contrastare efficacemente la disoccupazione. Inoltre non si è fatto nulla (o quasi) per contrastare quegli imprenditori che arrivano in Sardegna, si riempiono il portafoglio dei finanziamenti regionali, per poi chiudere dopo qualche mese, lasciando i lavoratori nella disperazione. Per frenare questo e altri fenomeni, il nostro Partito deve dare una svolta alle propria proposta, proposta che deve avere come punto principale anche il contrasto alle vecchie e nuove povertà. Proprio la povertà può essere combattuta attraverso degli strumenti che possano sostenere quei nuclei familiari (e non familiari) con bassi livelli di reddito, o senza reddito. La disperazione di questi cittadini potrà essere alleviata soltanto attraverso un reddito di cittadinanza, che affranchi dal ricatto della povertà. Reddito di cittadinanza e incontrastato godimento dei beni comuni devono essere le nostre parole d’ordine da tradurre in provvedimenti concreti. L’attuale dirigenza regionale ha questa seconda responsabilità: di non aver sostenuta una battaglia per la concessione del reddito di cittadinanza, e dopo il Congresso il nostro Partito dovrà necessariamente farsi portato di questo che è un diritto, come è un diritto avere un lavoro che garantisca la dignità materiale e morale di ogni cittadino.

Ci sono quattro documenti congressuali.
In questo Congresso avremo quattro documenti congressuali. Uno è il documento della c.d. “Area Bertinotti”, uno è il documento della c. d. “Area Grassi”. Abbiamo poi un documento riconducibile ai compagni che al Congresso nazionale avevano votato il “quarto documento”, inoltre ci sarà un documento che possiamo considerare come una novità del nostro panorama politico. Questo nasce da una scissione (probabilmente è un termine inappropriato) dell’Area riconducibile al 2° documento.
Eviterò d’intervenire sulla sostanza di qualsiasi documento, perché non è compito del segretario del Circolo commentare i documenti, attività che deve essere lasciata al libero apprezzamento di tutti gli iscritti.

Formazione degli organismi dirigenti del Circolo.

Formazione del Direttivo.
Il futuro direttivo sarà composto da dodici compagni. Si dovrà cercare di mantenere un certo equilibrio, sia dal punto di vista generazionale, che di gente. Questo è un Circolo in prevalenza composto da giovani, per questo propongo che almeno sei dei membri del direttivo siano Giovani Comunisti. In numero individuato, che a molti potrebbe sembrare troppo esegui, è stato pensato per garantire il numero legale all’organismo, che dovrebbe essere convocato con maggior assiduità rispetto all’assemblea degli iscritti.


Scelta del segretario.
Come ho già spiegato non potrò più continuare l’attività di segretario di questo Circolo, perché maggiormente coinvolto nell’organizzazione dei GC della Federazione di Cagliari. Per questa ragione, sarà indispensabile individuare un nuovo segretario che si occuperà del Circolo, un segretario che possibilmente abbia il tempo per dedicarsi a un compito gravoso. Anche questa occasione può servirci per fare delle eventuali proposte, anche se io ritengo d’avere individuato il compagno che può fare al caso nostro. Ovviamente, mi riserverò di farlo nel momento in cui verrà formato il nuovo direttivo. Nel futuro, penso che il segretario dovrà essere coadiuvato nella sua attività da una segreteria ristretta di compagni, che si occuperà di compiti specifici. Anche in questo primo anno abbiamo avuto una segreteria, che a mio avviso non ha funzionato come avrebbe dovuto. Penso, tuttavia, che gli ambiti tematici debbano essere sempre gli stessi: Organizzazione, quartiere, enti locali, scuola e formazione. Mi auguro sinceramente che in un prossimo futuro riusciremo ad incidere più profondamente in questi settori.
Formazione della Commissione di Garanzia.
Allo stesso modo, dovremo provvedere alla formazione del collegio di garanzia. Come sappiamo, questo organismo ha la funzione d’applicare lo Statuto all’interno del Circolo. Approfitto di quest’occasione per dire che i rapporti nel Circolo sono stati ottimi, e non c’è mai stata la necessità di riunire il Collegio. Nonostante le discussioni siano state talvolta molto accese, non sono mai sconfinate nell’insulto e nelle accuse personali, che talvolta caratterizzano la vita di qualsiasi Partito. La creazione di un ambiente equilibrato, in cui si è andati anche oltre la politica, è uno dei più importanti risultati che questo Circolo può legittimamente vantare.

Prossima organizzazione del Circolo (ARGOMENTI TRTTATI).
Individuare con maggiore chiarezza le competenze di ognuno.
Portare avanti con maggior forza una buona politica nelle Università e nel quartiere.
Individuare un responsabile dei Giovani Comunisti, che porti avanti delle politiche specifiche nel Circolo.

Il segretario del Circolo.
Vincenzo M. D'Ascanio

venerdì, novembre 10, 2006

Assemblea degli iscritti

Partito della Rifondazione Comunista.
Circolo “Giovanna Chessa”.
Is Mirrionis / Mulinu Becciu.
Piazza de Esquivel n. 7, Cagliari.


Agli iscritti del Circolo Giovanna Chessa.
Ai membri del Collegio di garanzia.


Oggetto: convocazione dell’assemblea degli iscritti.


S’informano i compagni del Circolo “Giovanna Chessa” che Venerdì 17 Novembre, alle ore 19:00, nei locali di Piazza De Esquivel n. 7, è convocata l’assemblea degli iscritti per discutere il seguente ordine del giorno:

• Congresso regionale: discussione dei documenti congressuali.



Considerata l’importanza dell’argomento, si raccomanda la massima puntualità.


Il segretario del Circolo.

Vincenzo M. D’Ascanio.

venerdì, novembre 03, 2006

Congresso Regionale e Giovani Comunisti.

Compagni,
Come tutti sappiamo tra breve ci sarà il Congresso Regionale del nostro Partito. Vivere un Congresso non è cosa facile e lo scontro politico, ne siamo certi, sarà duro. Tuttavia, sarà indispensabile prepararci nel migliore dei modi all’appuntamento, affinché il Congresso possa trasformarsi in motivo di valido confronto sui difficili problemi che attanagliano da tempo la nostra Regione.Le contraddizioni presenti nel tessuto sociale sardo sono molteplici. Su tutti il problema della disoccupazione, che grava su migliaia di giovani, ma non solo. La crisi economica ha avuto i suoi nefasti effetti anche sulla nostra isola, e i telegiornali non fanno altro che darci notizia di drammatici licenziamenti di massa. Le politiche del lavoro regionali non sono riuscite ad arginare il fenomeno: gli interventi sono stati pochi e mal coordinati, dimostrandosi dei tamponi non capaci d’arginare alcuna falla. Per questo e altri motivi, il Congresso Regionale può dare una reale svolta alle politiche del lavoro dell’amministrazione Soru, e trasformarsi in quella risposta che i tanti disoccupati e precari della Sardegna stanno ansiosamente aspettando.Un fattore, ad ogni modo, deve essere attentamente valutato da tutti gli iscritti. Tra i compagni che andranno a comporre i futuri organismi dirigenti (partendo dai Circoli territoriali per arrivare sino ai Comitati Politici Federali e Regionali), ci dovrà essere una buona presenza di Giovani Comunisti. La formazione di quadri dirigenti è fondamentale per adempiere al nostro principale compito: la costruzione di un forte Partito di massa, interprete e primo difensore dei cittadini sfiancati dalla giungla liberista, e dalle logiche del consumismo sfrenato. Tanti Giovani Comunisti sono pronti, nell’immediato futuro, a sobbarcarsi in prima persona questo basilare compito.
Fraterni saluti.
Vincenzo M. D’Ascanio
C. F. G. C.